
Una corda a terra vicino a un tavolino, un piccolo Babbo Natale in mezzo a cartacce e rifiuti, una clessidra disposta in una pseudolibreria composta da cassette per la frutta.
Il tempo scorre. La sabbia, all’interno della clessidra, segue il principio di gravità, come una corsa contro il tempo, una corsa dell’ultimo treno che si chiama Sunset Limited, evocando tramonti e l’impossibilità di seguirne lo scomparire oltre l’orizzonte dall’orizzonte stesso. L’ultimo treno è veramente l’ultimo?
Può ripresentarsi se si è determinati.
Non per prenderlo, bensì per suicidarsi. Per dichiarare la sconfitta di una vita isolata e solitaria, senza prese sulla realtà delle “piccole cose”, una chiacchiera con un collega, un sorriso agli studenti, una visita al padre malato e alla madre che ne piange.
Nessuna comunità, piccola o grande. Eppure di libri e di vita ne ha letti molti, il “Bianco Professore”. Ne insegna anche…
Qualcosa ha rotto il tenue filo che lo tiene legato alla comunità dei viventi. Nessuna sofferenza o dolore può smuoverlo a una ribellione o a seguire un istinto di sopravvivenza. La decisione è presa.
Tempo che scorre sul filo della parola, un filo di Arianna, per tenere in vita, per il Nero Barbone il Bianco Professore suicida.
Il Nero Barbone, un apparente esiliato della società, non si è lasciato andare. Nel disordine nella sciatteria, sì. Nella povertà. Sì. Ma è un atto di ribellione. Ha scelto.
Sul filo della parola con qualcuno che la parola, le parole le conosce bene, per forma e significati. E che le usa forse ormai solo come vuota forma.
I significati, i legami tra le parole che sono la creazione, appunto, di legami, relazioni tra esseri umani, sono svuotati per il Bianco Professore. Niente ha più senso.
Eppure si sottopone, riluttante e ribelle sconsolato, ai tentativi del Nero Barbone. Per un po’. La sua ricerca, non di luce oltre un tunnel o dentro di sé né di un tesoro al fondo della miniera, è l’oscurità.
Due modi di vita di pensare e sentire la vita a confronto presente persino nell’uso diverso dei pronomi personali. Nella traduzione italiana il Nero si rivolge al Bianco professore con il “tu”, l’altro lo tiene ben a distanza con un “lei”, forse per non rischiare di scoprire una speranza di vita.
È una condizione del dolore. Un dolore che il Bianco Professore vorrebbe collettivo, strenuamente. Perché allora cambierebbe qualcosa, fosse anche l’Apocalisse, ma qualcosa cambierebbe. Una condizione del dolore anche per il Nero Barbone, che si tiene, però, legato alle “voci della sua testa”, alle voci di Gesù, alle parole, anche proprie purché le parole lo tengano in vita e gli dimostrino che una sorta di fratellanza, di comunità, seppure del dolore, esiste.
Parole sentite fin nelle ossa contro parole svuotate, vuote, inermi che non “muovono” alla vita. A nulla valgono i tentativi del Nero Barbone di trattenere “in-trattenendo” il suicida raccontandogli storie di vita vera, di povertà e di sangue.
A nulla valgono i tentativi di irretirlo nelle maglie delle parole. Parole che il Bianco conosce bene e che sa ben usare sviando le risposte. Sembra riuscirci per un po’ quello strano barbone, un po’ predicatore, che riporta il Bianco Professore sempre sulla realtà delle parole da lui stesso pronunciate. E così prende tempo.
A nulla vale la testimonianza del Libro dei Libri, la Bibbia, che è nota al professore sebbene mai letta per intero come ha fatto, invece, con altri. E mai sentito nella carne, come altri dolenti possono fare, e nella sua vita.
Ma la cultura non dovrebbe tenere in vita? O forse la cultura fa diventare, come dice il Bianco Professore, tutto personale? Perché gli orrori che accadono intorno a lui sono inaccettabili e nonostante la cultura ci si sente impotenti?
L’interrogativo resta sospeso.
Fede contro pessimismo ineluttabile. Fedi entrambe forse. Fede nelle voci di Gesù nella testa del Barbone che lo spingono a salvare un altro uomo, fede nella Morte perché niente altro ha senso. C’è già morte in questa vita. Tanto vale concluderla anche fisicamente.
Intanto che la sabbia nella clessidra scorre, “un’ultima corsa” contro la decisione finale è in atto nel dialogo tra i due. L’ultima corsa del treno e della vita si può comunque prendere, torna sempre, anche quell’ultima corsa per la morte.
Si è chiusa, con Sunset Limited di Cormac McCarthy, la rassegna A(s)soli Giovani, curata e ideata da Maria Emma Di Lorenzo, presso il Teatro “Sala Assoli” in Vico Lungo Teatro Nuovo n. 110 a Napoli promossa dall’Assessorato ai Giovani e Politiche giovanili, Creatività e Innovazione del Comune di Napoli e l’Associazione Assoli. La rassegna teatrale ha ospitato dal 14 al 26 ottobre 2014 quattro compagnie esibitesi con altrettanti spettacoli.
L’ultima compagnia Naviganti InVersi ha portato dal 24 al 26 ottobre con la regia di Marco Serra e interpretato da Maurizio D. Capuano e Francesco S. Esposito il riadattamento di “Sunset Limited” di Cormac McCarthy: “Quell’ultima corsa”.
Romanzo in forma drammatica, Sunset Limited. Una metro di New York, una linea transcontinentale che attraversava il sud degli Stati Uniti dall’Atlantico al Pacifico un tempo. Una metafora sempre. Pubblicato nel 2006, ne è stato anche tratto, nel 2011, un film televisivo omonimo, scritto dallo stesso McCarthy.
Nella versione dei Naviganti InVersi il Nero corpulento che vive in un ordinato appartamento della metro diventa un Barbone sciatto pur restando, come nella versione originale, un ex galeotto amante della vita. Probabilmente a sottolineare maggiormente, nella condizione del Barbone, una consapevole scelta di vita e non un’espulsione arbitraria della società.
Nel dialogo serrato vengono posti a confronto due uomini, due razze, due culture, due modi di vedere la vita, due “corpi”. Infatti il testo, attraverso i corpi, il dialogo e le voci dei due attori, contendenti alla vita e alla morte, genera più livelli di comprensione attraverso diverse opposizioni: Bianco vs Nero, istruito vs non istruito, omologato vs non omologato, Vita vs Morte, Visione della vita di un sapore “cristico-orientale” da un lato, inettitudine alla vita dall’altro.
Restano tutti aperti e ben in sospensione, “in ascolto” di una riflessione.
La Sala Assoli, fucina per il teatro e non solo, per tutti i martedì e mercoledì del mese di novembre porterà in scena in lingua originale un riadattamento dell’Amleto di Shakespeare: “Wrong play, my Lord!”
La compagnia Naviganti InVersi, il 13 e 28 novembre, sarà prossimamente sulle scene della Basilica di San Lorenzo con “Animae in San Lorenzo”.