
L’Italia perde punti, non solo sul campo, ma anche culturalmente a livello internazionale.
Gli scavi archeologici di Pompei ed Ercolano, sono rimasti chiusi di fronte ai turisti venuti da tutto il mondo per ammirarli. Un danno d’immagine che può costarci caro, considerato che i beni culturali in Italia contribuiscono alla crescita del PIL italiano per circa 40 miliardi di euro.
Nel weekend, un’assemblea sindacale indetta dalle organizzazioni quali: Cisl, Filp, Unsa e Usb di Pompei, ha manifestato a cancelli chiusi per ore, cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi legati ai troppi tagli dei beni culturali, ai contratti e alle condizioni dei siti archeologici sempre più disastrate. Solo verso le 10:30, i lavoratori hanno deciso di riaprire i cancelli, con un atto di responsabilità pubblica, coscienti che l’utenza non aveva colpa e doveva essere messa in condizione di entrare regolarmente. Più di 500 persone aspettavano fuori, sotto un sole cocente che toccava i 34°, non tutti l’avranno presa bene, e molti turisti potranno giudicare superficialmente l’intero paese.
La condanna arriva anche dal ministro dei beni pubblici, Dario Franceschini, che parla di un danno che lede l’immagine dell’Italia nel mondo intero, che non dovrà mai più ripetersi. Secondo il ministro la chiusura di un sito archeologico è una irresponsabilità troppo grande che va imputata ai direttori dei musei.
I mass media internazionali non aspettano altro che sbagli come questo per avviare polemiche nei riguardi del nostro paese. In futuro le direzioni dei musei e dei siti archeologici saranno valutate da esperti internazionali che giudicheranno la serietà del lavoro svolto. Intanto tutto sembra essere tornato alla normalità, le prossime riunioni sono state revocate e le strutture sono ritornate fruibili nei soliti orari a tutti.
Un evento spiacevole che si spera non si ripeta, i diritti dei lavoratori sono importanti ma non devono subirne le conseguenze i turisti, perché senza di loro, gli scavi resterebbero soltanto vecchie mura distrutte.