
La marijuana. Tra le proposte di legge sulla sua legalizzazione e i continui rinvii, tra i dibattiti etici e le analisi pseudo economiche circa la sua commercializzazione, tra quesiti medici e di social politcs, tra la presunta “ipocrisia” di Eugenio Finardi che grida alla liberalizzazione e l’osannato amore per “Maria” degli Articolo 31 c’è spazio per la riflessione. O, quanto meno, per un briciolo di curiosità che proveremo a soddisfare. Ecco, quindi, 8 informazioni sulla marijuana che probabilmente, i più, ignorano.
- Origini antiche. Anche se le origini esatte della Cannabis sativa (la pianta da cui si ricava la marijuana) non sono note, si pensa possa aver avuto origine in Asia centrale. Le prime evidenze tangibili del suo utilizzo risalgono al Neolitico (8.000 – 5.000 a.C.), quando veniva utilizzata per produrre fibre tessili e reti da pesca e ne venivano consumati i semi. Tracce di queste consuetudini sono state trovate in siti neolitici di Cina, Siberia, Taiwan, Turkestan e Hong Kong. Residui di semi di cannabis bruciati sono stati rinvenuti in Romania. La più antica testimonianza letteraria legata alla marijuana usata in ambito medico si troverebbe invece nella letteratura cinese, ma su questo punto non tutti gli storici si trovano d’accordo.
- Un nome per ogni cosa. Canapa, cannabis, marijuana: quando si parla di “erba” si assiste spesso a una confusione terminologica. La marijuana è una sostanza psicoattiva che si ottiene facendo essiccare le infiorescenze della Cannabis sativa. Non tutte le varietà di questa pianta sono però sfruttate a scopo ricreativo: solo quelle che appartengono al genotipo THCAS (volgarmente definite “canapa indiana”) hanno effetti psicoattivi dovuti al contenuto di tetraidrocannabinolo (THC), una sostanza psicotropa che provoca euforia, rilassamento, appetito, disorientamento spazio temporale. Se il normale contenuto di THC in una pianta di cannabis è pari al 5-8%, oggi sono subentrate colture intensive di varietà che possono arrivare al 38% di THC, cioè 5 o 6 volte di più.
- Non è uguale per tutti. Gli effetti del consumo di marijuana potrebbero essere diversi a seconda del genere. Uno studio sui ratti compiuto nel 2014 dagli psicologi della Washington State University ha evidenziato che le femmine sono più sensibili agli effetti analgesici del THC e che sviluppano più facilmente tolleranza alla sostanza (cioè devono aumentare la dose per ottenere lo stesso effetto), un fenomeno che può aprire le porte alla dipendenza. La differenza sarebbe dovuta al ruolo degli estrogeni, i principali ormoni sessuali femminili. In ogni caso, almeno in Italia, i maschi fumano più spinelli rispetto alle ragazze: a ogni consumatrice corrispondono quasi due consumatori maschi.
- In adolescenza. Paradossalmente, i maggiori consumatori di marijuana, gli adolescenti, sono anche i soggetti più esposti agli effetti collaterali. In questo periodo più che in altri il cervello vive una fase di pieno sviluppo, rafforzamento e sfoltimento di precise connessioni neurali. Il corretto funzionamento delle sue cellule è pertanto essenziale. Il THC è simile agli endocannabinoidi, neurotrasmettitori naturali del cervello, e interferisce con la loro azione compromettendo le funzioni nervose. Danneggiando le sinapsi e lasciando i neuroni privati del loro naturale sistema di regolazione, il THC può favorire, con il tempo, l’insorgenza di depressione, schizofrenia, psicosi e disturbi nell’apprendimento. Per alcuni ricercatori, l’uso costante di marijuana in questa particolare fase dello sviluppo finisce col produrre danni permanenti alle connessioni neurali.
- Dottor docet. E’ stata scoperta una correlazione tra l’azione prolungata del THC e alcuni danni non neurologici come il rischio di contrazione del tumore ai testicoli (per l’alterazione del sistema endocannabinoide, che è coinvolto anche nella regolazione della sintesi degli ormoni sessuali) e un accentuato rischio di infarto (perché aumenta frequenza di battito e pressione sanguigna). Tuttavia, un uso di marijuana medicalmente varato e monitorato può notoriamente apportare benefici psicofisici nel trattamento di molteplici disturbi. Tra questi si includono: il dolore cronico o di malati terminali, le malattie autoinfiammatorie, alcune conseguenze della demenza, l’artrite, i tremori del Parkinson, gli effetti collaterali della chemioterapia, nonché l’ansia patologica e il disturbo post-traumatico da stress.
- Il più alto gradino dell’ “eden”. La varietà più potente di marijuana è la Sinsimilla, che si ricava impedendo alle infiorescenze delle piante femmine di Cannabis di essere impollinate. La pianta rimane senza semi e produce un alto contenuto di resina, con un’alta concentrazione di THC.
- Lontano dagli amici pelosi. Gli animali domestici non sono immuni agli effetti del THC: il “fumo passivo” sortisce sui cani effetti molto più macroscopici di quelli che ha sull’uomo. Ciononostante sono in aumento di cani e gatti che finiscono nei pronto soccorsi veterinari per aver ingerito per sbaglio pezzetti di hashish lasciati in giro dai padroni. Quando accade, gli animali presentano pupille dilatate, ipereccitamento e movimenti muscolari incontrollati. Gli si somministrano terapie di sostegno e lavanda gastrica e si aspetta, sperando che l’effetto passi nel giro di 24 ore.
- Potenziare gli effetti. Mangiare un mango ben maturo 20 minuti prima di fumare uno spinello pare che ne aumenti considerevolmente gli effetti. Scettici? Eppure, è provato che il mircene, un principio attivo d’origine vegetale, aiuta le molecole di THC a circolare nel sangue, facilitando loro l’accesso al vostro povero cervello. E quand’è maturo, il mango contiene una forte concentrazione di mircene.