
Sabato 4 maggio l’agenzia di notizie Kcna di Pyongyang ha annunciato che il dittatore nord coreano Kim Jong-un ha ordinato: «Posizione di combattimento per fronteggiare ogni emergenza».
A distanza di 522 giorni dall’ultimo missile lanciato nel 2017, improvvisamente dalla zona di Wonsan erano partiti «proiettili non identificati», con un raggio d’azione di 70-200 chilometri. Ieri, giovedì 10 maggio, Kim ha ordinato una nuova prova a fuoco. Questa volta gli osservatori militari di Seul ci hanno messo poco a decidere che i due ordigni erano «missili a corto raggio, sparati verso Est e caduti in mare».
Il leader supremo, riferisce la Kcna «al suo posto di comando, ha appreso di un piano per esercitazioni balistiche a lungo raggio e ha dato l’ordine di avvio». Il dittatore ha anche osservato che «pace e sicurezza sono garantite solo da una forza capace di difendere la sovranità della Repubblica Democratica Popolare di Corea».

La nuova esibizione arriva mentre è a Seul il negoziatore speciale americano Steve Biegun, che deve discutere con gli alleati sudcoreani lo stato del dialogo con il Nord e la possibilità di concedere aiuti alimentari ai sudditi di Kim, afflitti da carenza alimentare gravissima, secondo l’allarme dell’Onu. L’inviato di Trump ha cercato di tenere basso il livello del confronto, affermando che gli Stati Uniti tengono la porta aperta a Kim perché torni a discutere di disarmo nucleare. Il presidente, impegnato a Washington nella guerra dei dazi con i cinesi, ha detto telegraficamente che sta osservando ai test nordcoreani «molto seriamente, ma si tratta di missili a corto raggio, meno potenti, anche se non ci fanno felici naturalmente».
I due missili lanciati il 9 maggio, secondo gli esperti, sono a medio raggio, e hanno volato per 420 e 270 chilometri verso il Mar del Giappone. Dice Andrei Lankov, russo, uno dei più grandi esperti di vicende nordcoreane: «I test di sabato 4 maggio e del giorno 9 maggio segnano l’inizio di una fase nella quale Kim rialzerà lentamente ma continuamente la tensione».
Kim vuole dimostrare, contrariamente alle interpretazioni dei politici americani che il tempo non è necessariamente dalla loro parte. Significa che le sanzioni strangolano l’economia di Pyongyang, ma Kim è convinto di poter mantenere una presa ferma sul potere interno e addebitare ogni colpa per le sofferenze anche alimentari della popolazione alla malafede degli Stati Uniti.
Conclude Lankov da Seul, in un commento diffuso dal sito NK News: «Kim cercherà di ricordare al mondo e alla Casa Bianca in particolare che senza qualche compromesso, senza concessioni sulle sanzioni, lui è in grado di sconvolgere l’Asia orientale».