
La Ortese a Ravello probabilmente non ci è mai stata. In vita. Ma ecco che di mare in mare, di terra in terra questa straordinaria scrittrice giunge a Ravello il 3 e il 4 luglio 2015. La presentazione del volume “Anna Maria Ortese” di Esther Basile (Le Farfalle Ed.) ha ricevuto, all’interno della rinomata manifestazione “Ravello Festival”, l’accoglienza del Primo Cittadino Paolo Vuilleumier, Sindaco di Ravello, “Città della Musica” e da un pubblico intensamente partecipe. Con l’autrice, sono intervenute Maria Stella Rossi e Maria Marmo che hanno accompagnato questo libro e la sua autrice, Esther Basile, con parole di grande impegno civile e politico insieme. Ospite d’eccezione, il cantautore Blandizzi che ha interpretato il brano “La Guerra”, le cui parole sono tratte dalla poesia di Anna Maria Ortese dall’eponimo titolo. Esther Basile filosofa dell’ “istituto per gli Studi Filosofici” di Napoli, giornalista, poetessa che ha dato anche il proprio contributo politico come Presidente della Consulta Regione Campania per le Pari Opportunità e attualmente come Consigliera ha inoltre ideato e creato l’Associazione “Eleonora Pimentel” e il Progetto “La Tela del Mediterraneo” – cui partecipano con la loro attiva presenza anche a Ravello le poetesse SlobodanKa e Dell’Aria e la Consigliera Comunale e Presidente del “Centro Donna” di Salerno Vilma De Sario – grazie alla quale si incontrano donne, poetesse, artiste e artisti di tutto il mondo a contribuire tutte e ognuna affinché una etica diversa, umana, femminile e maschile insieme, si propaghi nel mondo.
E finalmente lo cambi. Lo cambi nel modo dell’incontro, tra uomini e donne, tra visioni e visioni, tra sogni e sogni; desideri, dell’uno e dell’altra. È, quindi, nell’operare insieme che si realizza l’incontro e le sue feconde conseguenze. Esther Basile ha incontrato Anna Maria Ortese, e ovviamente, il “caso” non è un caso. È un destino. È una appartenenza, è un riemergere e un far riemergere anche per gli altri. Una donna, la Ortese, una giornalista, una scrittrice – che ha trattato ogni tema richiamando sempre all’eticità di ogni vita e di ogni società, perché si realizzi, una vera e propria comunità; una persona difficile da “contenere” e delimitare nelle “burocratiche” e “dis-umane” compagini istituzionali e per questo, come si proclama lei stessa, scomoda, ironicamente “antipatica”. Perché dire il vero, snidare gli infingimenti e i non-detti, in cui si annida la prevaricazione e la violenza, di una intera società – che poi è specchio dell’intero mondo – rende agli occhi dei più, antipatici. Ecco le parole, ancora inascoltate, della Ortese nella sua poesia “La Guerra” musicata dal cantautore Blandizzi, che ha, ancora una volta, dimostrato il proprio impegno civile e sociale anche con quest’ultimo suo lavoro: A questa stanca vita non va bene la guerra […] Non piace che si muoia, spari non vuol sentire, ma il bambino è cresciuto con quello che ha potuto: con fucili e lupare, il senso del denaro, e il cuore rozzo e amaro […] Da ciò sorge, probabilmente, la visionarietà degli scritti della Ortese: la lettura di un mondo intellegibile a pochi – perché pochi ne hanno realmente l’intenzione, distruggendo le proprie effimere conquiste e la capacità di perdersi e far perdere nelle parole dell’indifferenza all’“umano naturale sentire” – come nell’Iguana o ne “Il mare non bagna Napoli” fino a “Corpo Celeste” e nelle interviste come quella a G. Fofi nel 1996. Non molto tempo fa.
Questo modo e il mondo, raccontato nei suoi scritti, apparentemente lontano dalla realtà, permette, sempre a chi voglia intendere, sia di raccontare la “penuria” di alcuni esseri, che versano in uno stato di prostrazione economica e morale, ma soprattutto – con una visione come dall’alto, sebbene mirabilmente descritta dall’interno “visionariamente” – di dimostrare quanto la condizione di questi ultimi e reietti dalla vita sia istituzionalizzata dalla indifferenza di altri; tali altri non sono che il resto della società, quella ricca, benestante ma anche quella di coloro che, tristemente, tengono a mani strette e con i denti, un seppur minimo “successo”, foss’anche il posto sicuro di lavoro, in una società che fa “sistema” e non “rete” di sostegno e sensibilità umana. Ecco la fonte dell’“antipatia” che la Ortese orgogliosamente avoca a sé. Esther Basile e la Ortese si sono ri-conosciute, in un mondo e una società, che, come dice Tomasi di Lampedusa nel suo “Il Gattopardo”, cambia per non cambiare mai. Ed ecco che le guerre non sono finite né quelle grandi né quelle piccole, del vivere quotidiano, la sopraffazione non è stata debellata, quella di ogni ordine e grado. Allora c’è bisogno che la sua “antipatica” voce si faccia ancora sentire, che con la testardaggine della scrittrice magico-realista, Anna Maria Ortese, con e attraverso quella della filosofa, Esther Basile, si propaghi e sommuova vite ignare, ancora, di ciò che è la vera vita.
La Ortese, lo ha dimostrato con i fatti, unica tra gli scrittori a lei contemporanei a richiamare la società del proprio tempo contro la pena di morte, unica a devolvere l’intero compenso per un suo testo in favore della ricerca per l’Aids. Persone, uomini o donne, di tal fatta sono pochi a vedersi. Ci vuole coraggio, il coraggio di sapere che non si verrà amati; ma non è questo l’Amore allora, se non un distorto sottostare alle ingiustizie e colludere con chi le attua, e che permette che si attuino, per puro compiacimento o interesse e vantaggio personale. Il coraggio che alcune donne e uomini invece detengono nel procedere fino in fondo, vivendone le dure conseguenze nella propria vita, perché la verità sia riconosciuta, anche da coloro che non intendono vederla e di coloro che professionalmente mettono in atto una etica che sia sì del lavoro ma anche dell’umano insieme. Esther Basile agisce in questo senso. La sua “Tela del Mediterraneo” ne è una prova, come il Festival ideato insieme alla scrittrice e giornalista Maria Stella Rossi “Alchimie e Linguaggi di donne – Festival di Narni”, e al Premio l’Iguana – Castello di Prata Sannita – omaggio a Anna Maria Ortese, per “vincere la disattenzione crescente per la riflessione del profondo” – anche insieme alla contessa Lucia Daga Scuncio, storica e scrittrice, innestando un circolo virtuoso di incontri tra intellettuali e artisti di ogni genere e provenienti da ogni parte del mondo, sotto un’egida che intende rimarcare la fondatezza dell’“incontro” di sensibilità umane, di uomini e di donne.
In fondo cos’è la sensibilità, portata nei fatti e nei gesti di ogni giorno, con un’etica che chiami a sé la congruità del gesto e della parola di collaborazione, di contiguità “umana” se non il “mare” di cui parlava la Ortese, in modo scientemente metaforico, nel suo “Il mare non bagna Napoli”?
Di Giuseppina Dell’Aria