

Come nel ventre di un vulcano in piena attività è incessante, in questi giorni, il movimento delle masse magmatiche politiche della città partenopea, in vista della tornata elettorale comunale della primavera prossima. Correnti, nuovi scenari, con la società civile, laica, che spinge per ritagliarsi un ruolo da protagonista in quella che sarà – è ormai chiaro a tutti – una stagione cruciale per il capoluogo campano.
Nel vorticoso afflato “costruttivo” – o ancor più “ri-costruttivo” – che, improvvisamente, sembra sospingere in egual modo le varie forze politiche in ballo, al grido di “rigeneriamo Napoli”, si ritaglia una grottesca ribalta la scelta del Sindaco De Magistris di annunciare la sua candidatura alle prossime elezioni regionali in Calabria.
La lunga, decennale, per larghi tratti travagliata esperienza Dema consumatasi nella città dal 2011 in poi, avrebbe lasciato immaginare una fisiologica inerzia politica di continuità. Continuità di programmi, obiettivi, tavoli, persone, movimento.
E, invece, in queste ore va in scena la precoce annunciazione di un impegno politico già rivolto ad altri territori. In precedenza, l’ultimo atto politico del sindaco – addirittura già all’esito dello scorso anno – era stata l’individuazione, da molti giudicata unilaterale, quanto intempestiva, del futuro candidato sindaco dell’area Dema; candidatura, a ben vedere, calata sul tavolo quando il dibattito cittadino sul futuro amministrativo della città non era neppure cominciato.
Eppure il leader/fondatore di un movimento, di una realtà politica – per quanto limitata all’unica esperienza partenopea – avrebbe potuto e dovuto esser presente, timone alla mano, in una fase cruciale per la città come quella attuale, sotto il profilo sia politico che sociale e storico, piuttosto che abdicare, a mò dei vecchi sovrani borbonici, in favore di giovani promesse, cui dare l’ “in bocca al lupo” con una pacca sulla spalla.
L’immagine di De Magistris che “si imbarca” per la Calabria ricorda un po’ quella di Ferdinando di Borbone che, a fronte degli irrefrenabili moti repubblicani di fine ‘700, inizio ‘800, fu costretto a ripiegare in Sicilia (non in Calabria) scortato dalla flotta inglese dell’Ammiraglio Nelson, mentre a Napoli si consumava una delle uniche ed altrettanto brevi, ma significative, stagioni di ricostruzione della società napoletana, di ristrutturazione del sistema-Stato in ossequio ai nascenti ideali repubblicani.
Una candidatura che sembra piuttosto un auto-esilio politico, in ragione delle forti spinte neo-giacobine che già imperversano in città e che paiono decise ad archiviare l’ultimo decennio per guardare al futuro.
Che sia un inevitabile epilogo o una occasione persa sarà la storia di questa terra a dirlo.