
La popolazione della Mongolia e l’orso polare del Mar Artico, nel nord del Canada. Apparentemente non hanno nulla in comune, eppure entrambi sono nomadi. Gli uni migrano in cerca di regioni più calde, gli altri di luoghi più freddi. Nella stagione critica in Mongolia le temperature sarebbero insopportabili per un essere umano, e quindi, dopo aver smontato la propria casa – il gher, ricoperto esternamente di feltro e pelli impermeabili, che lo rendono intangibile al freddo, all’interno di legno – la trasportano fino a nuova destinazione in groppa a un asinello. Ma Viviana, la fotografa del reportage, mi racconta anche del nord del Canada: “gli orsi polari sono animali tranquilli – dice – quando non sono affamati: conviene in ogni caso mantenere una distanza di sicurezza di almeno 10 metri”, e infatti tutte le sue foto sono state scattate con un teleobiettivo abbastanza spinto (600 mm). Per sopravvivere gli orsi polari devono andare in cerca di climi più freddi, e lo fanno principalmente nei mesi di ottobre e novembre, quando le ultime navi cargo lasciano la baia, che diventa inaccessibile per il ghiaccio (le temperature arrivano anche a -50°); si dirigono verso Churchill, il porto marittimo più settentrionale di tutto il Canada, sulla riva occidentale della baia di Hudson, e vagano nella tundra nell’attesa che si riformi la banchisa sulla quale si muovono durante l’inverno. È proprio il nomadismo il concetto che l’artista vuole esprimere attraverso le sue foto, testimonianze raccolte in due viaggi, uno ad agosto, in Mongolia, e l’altro ad ottobre, in Canada.
Il titolo di questo incredibile racconto è “Ai confini del mondo”, alla scoperta di luoghi lontani, che potremmo definire “non turistici” (anche se il business dei safari organizzati è arrivato anche lì), esistono realtà estranee alla nostra immaginazione, ci sono esseri viventi costretti a migrare per sopravvivere alle condizioni climatiche e ambientali sfavorevoli. Viviana è stata lì con Luca Bracali, fotografo che collabora con il National Geographic, ha preferito la tenda e i gher ai safari organizzati, perché per raccontare un luogo ci si deve “calare dentro”, “assaporandone” le abitudini e le diversità. Ne viene fuori un attento racconto fotografico, in cui due mondi apparentemente tanto lontani vengono paragonati in base all’unico criterio che li accomuna: il nomadismo. La mostra, a cura di Marco Monteriso e aperta al pubblico il 10 dicembre, si trova nella Galleria Mediterranea, in via Carlo de Cesare 60, e sarà visitabile fino all’8 gennaio 2015. Non è la prima volta che l’occhio attento dell’artista si posa sul fenomeno della migrazione. Collaboratrice ormai da anni con l’associazione Macchia di Colori, per l’integrazione degli immigrati, ha una mostra permanente nel locale Teranga, di suddetta associazione. Viviana ha esposto per la prima volta nel 2011 presso la Chiesa di Santa Maria Maggiore alla PietraSanta organizzando un’installazione multimediale articolata con mostra fotografica, musica, africana, teatro sui quattro elementi, installazione che è stata successivamente ospitata dalla libreria Eva Luna (Piazza Bellini), dalla galleria Akneos di Napoli, dal Cinema America e dal Museo del Lupo nel Parco Nazionale d’Abruzzo. Successivamente, con la direzione del fotografo AFIP Marco Monteriso, ha focalizzato il proprio interesse sui ritratti e sulle foto da studio, dando vita ad un lavoro che ha portato la fotografa alla realizzazione di Photoproject 365.
Questo progetto raccoglie le fotografie scattate, una al giorno, nei 365 giorni di un anno, ad un bambino da lei visitato. La mostra è stata esposta al Giardino dell’orco, sul Lago D’averno, in collaborazione con l’ospedale Santo Bono di Napoli per una raccolta fondi. Nei suoi lavori il tema della migrazione – emigrazione – immigrazione è quasi sempre presente, in qualche modo. Gli orsi polari e gli uomini della Mongolia non sono gli unici costretti ad abbandonare la propria terra: ci sono popoli molto più vicini a noi costretti a farlo, magari non per motivi climatici, ma per ragioni economiche. L’occhio di Viviana Rasulo è maestro nel cogliere le diversità e le sue opere lanciano un appello: accettiamole queste diversità, conosciamole e facciamone tesoro, invece di allontanarle da noi o sterminarle senza pietà, come viene fatto in molti casi dal genere umano. Le capacità artistiche della fotografa in questa occasione sono andate oltre: non due razze differenti, ma due specie completamente differenti, l’uomo e l’orso. Eppure anche loro, per quanto diversi, hanno qualcosa in comune.