

Nella pratica, la circolare dice che indagini che riguardano le mafie – anche quando queste, evidentemente, sono colluse con le istituzioni – devono essere dirette solo da magistrati appartenenti a Direzioni Distrettuali Antimafia e che i criteri per definire un caso “eccezionale” e che quindi possa andare in deroga a questa circolare sono diventati molto restrittivi. Il problema più grave sollevato da questa circolare è il possibile azzeramento del pool antimafia di Palermo: Nino di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco del Bene non fanno parte di alcun dda; Di Matteo non ne fa più parte da circa 4 anni ed è formalmente assegnato al gruppo che si occupa di abusi edilizi, Tartaglia non ne fa ancora parte e a Del Bene scadranno i 10 anni di appartenenza. Resterebbe in quel pool palermitano solo il coordinatore del gruppo, il procuratore aggiunto Vittorio Teresi, che però si troverebbe nella delicata situazione di dover assegnare ad altri magistrati indagini scottanti che egregiamente stavano seguendo gli altri, mettendo a repentaglio la celerità del prosieguo delle indagini stesse costringendo i nuovi assegnatari a leggere volumi e volumi di documenti. Prima e più importante tra queste indagini in corso è quella della cosiddetta Trattativa Stato-Mafia, in carico appunto al pool di Palermo.[divider]
Unico cavillo a cui si potrebbe aggrappare il gruppo di lavoro di Palermo è relativo alla dicitura «necessità di disporre nella trattazione del procedimento di specifiche professionalità ulteriori e diverse rispetto a quelle proprie dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia». Tale necessità di avere professionalità specifiche è proprio quello che contraddistingue il pool antimafia di Di Matteo & co. da tutte le altre dda. L’investigazione sulla Trattativa Stato-mafia non può minimamente essere equiparata a qualunque altra indagine antimafia. E probabilmente il Csm, con a capo il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, questo lo sa.
