

[dropcap]C[/dropcap]ome già ben sapete scrivo su ciò che vedo e sento perché mi piace mescolarmi tra la gente e mettere sul piatto l’osservazione di problematiche al posto di sterili polemiche e, soprattutto, porre degli interrogativi tratti da storie e situazioni umane.
Alla vigilia dei ballottaggi sembra che lo scenario, più che politico, sia di cronaca in cui la violenza verbale, la diffamazione, la ricerca della distruzione sono all’ordine del giorno, come se, di tutto ciò non ne avessimo già abbastanza nella cronaca nera.
Da poco ho finito di leggere il libro di José Saramago “Cecità ” in cui si narra di un’improvvisa epidemia di cecità che affligge un’intera popolazione in un luogo e tempo non definiti. Seppur di fantasia, è una splendida metafora sulla crudeltà e brutalità umana ma, a differenza del libro, la scena alla quale ho assistito è perfettamente collocata in un tempo ed in una città ben precisi.
Prima ancora di andare al ballottaggio per il sindaco, le più ricorrenti frasi che ho sentito tra la gente sono state: “Mi dai una mano, mi aiuti a salire o a farlo salire”. Ma salire dove, mi sono chiesta. La sensazione di nausea che ho percepito non è stata causata da sbalzi ormonali o dall’aver mangiato toppo. No, quella sensazione si è manifestata nel momento in cui quella persona, che propagandava correttezza, onestà e trasparenza e perfino cristianesimo, ha iniziato ad apostrofare il suo avversario con, rabbia, antipatia, arroganza quasi sdegno se non odio.
E’ davvero buffo notare quanta contraddizione riesce a salire a galla tra ciò che professiamo e come ci comportiamo nel momento in cui le cose potrebbero non andare come vorremmo. Allora tutti gli altri, avversari e loro sostenitori, diventano disonesti, bugiardi, cattivi, mentre solo io resto un santo. Purtroppo questa è un’ abitudine diffusa in quasi tutti gli ambienti, soprattutto in quelli politici, la si sottolinea sempre negli altri e mai in sé per iniziare a migliorarsi.
Dalle idee fisse, spesso frutto di condizionamenti, ci si può aspettare solo che si trasformino in pieno pregiudizio, il che conduce ad una posizione di stallo che alimenta solo discordie e separazione dagli altri, per principio non per ciò che sono o fanno, non li vedo né li sento…
Namaste, parola di origine sanscrita, che significa “mi inchino a te ”, mi inchino al tuo potenziale spirituale e, se usata come un saluto, si traduce con “onoro il luogo in cui noi siamo un’unica cosa sola “, specialmente con chi ha le opinioni in conflitto con le mie o la pensa diversamente da me perché ciò ci offre la possibilità di migliorare entrambi.
Suzana Blazevic