
A 94 anni Emilio Fede se n’è andato, portando con sé una parte di televisione che oggi sembra appartenere a un’altra era. È stato uno dei volti più riconoscibili e discussi del giornalismo italiano, capace di attraversare decenni con una forza narrativa che, nel bene e nel male, lo ha reso indimenticabile.
Siciliano, di Barcellona Pozzo di Gotto, classe 1931, iniziò la sua avventura nel mondo dell’informazione in tempi in cui le notizie viaggiavano lente, tra fogli di carta e telefoni a filo. Dopo gli esordi nella stampa, la Rai gli aprì le porte e lo consacrò come inviato speciale; raccontò conflitti, crisi internazionali e momenti storici con uno stile diretto, privo di fronzoli, capace di arrivare al pubblico.

Il vero punto di svolta arrivò negli anni Ottanta, quando abbandonò la televisione pubblica per tuffarsi nell’avventura delle reti private. Entrò in Fininvest, poi Mediaset, e nel 1992 assunse la direzione del TG4. Da quel momento, per vent’anni, fu il volto e la voce di un telegiornale che portava la sua impronta: commenti personali, battute improvvise, uno stile unico che divideva ma non lasciava indifferenti. Era il simbolo di un giornalismo televisivo che non temeva di avere un’identità chiara, forse troppo schierata, ma certamente autentica e non ipocrita, volubile e conformista come tanti suoi colleghi.

Per due decenni, alle 19:00, milioni di italiani, grandi e anche i più piccoli, hanno ascoltato il suo “buonasera” che suonava più come un invito a entrare nel suo salotto che a guardare un notiziario. Confortevole e familiare come probabilmente dovrebbe essere chi svolge quel tipo di lavoro, in cui le notizie rosee non primeggiano, anzi. Poi, nel 2012, la lunga fedeltà con le reti di Silvio Berlusconi si interruppe. Seguirono anni difficili, segnati da inchieste e processi, e una lenta uscita di scena. Fede visse gli ultimi tempi lontano dai riflettori, con una malinconia che non riusciva però a cancellare il suo orgoglio per una carriera irripetibile, compensata con piccole dirette social che spesso degeneravano con insulti dai “…oni da tastiera” verso un uomo, seppur con le sue ideologie, meritava il rispetto da professionista e persona anziana.

Oggi, che la sua voce si è spenta, resta il ricordo di un uomo che ha attraversato la televisione come un navigatore caparbio, sfidando tempeste e approdando sempre dove voleva. Non lo si amava perché imperfetto, ma perché era autentico, ed è per questo che resterà nella memoria.
Il 2 settembre 2025, il suo telegiornale immaginario si chiude con l’ultima edizione. Il Direttore ha dato un’ultima notizia, quella che annuncia il silenzio dopo una vita di parole.
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