
Ho visto la prima ROCKY THE MUSICAL al Teatro Augusteo, su richiesta di mio figlio quindicenne e la cosa mi ha incuriosito. Come può un film, uscito quasi 50 anni fa, interessare ancora oggi i nostri ragazzi così diversi da come eravamo noi?
Il sacrificio e la determinazione sono aspetti fondamentali per raggiungere i propri obiettivi, come dimostra la storia iconica di Rocky Balboa. Il film del 1976, che ha inaugurato una saga di enorme successo sia al botteghino che presso la critica, è diventato anche un rinomato musical a Broadway nel 2012, con musiche di Flaherty, testi di Ahrens e libretto di Meehan e Stallone. Ora, grazie alla produzione di Fabrizio Di Fiore Entertainment, lo spettacolo arriva in Italia con una tournée che continuerà fino ad aprile.
Luciano Cannito, regista e coreografo dello spettacolo, oltre che traduttore dei testi insieme a Laura Galigani, afferma che “Rocky combina forza e cuore in egual misura, raccontando la vittoria dello spirito, della volontà e dell’amore”. La storia del pugile italoamericano di Philadelphia, ispirata al campione dei pesi massimi Rocky Marciano, è un racconto di riscatto attraverso il sacrificio nello sport, ma anche una celebrazione di un amore travagliato che alla fine viene ricambiato. La trama emoziona con il coraggio necessario per realizzare i propri sogni, mentre commuove con la poesia della vita dei più umili. L’energia fisica e la forte componente emotiva diventano quindi i punti di forza di uno spettacolo ricco di musiche rock e ballate intense.
La regia di Cannito rende omaggio al film, riproponendo le sue atmosfere urbane malinconiche e decadenti, e offrendo una rappresentazione fedele dei personaggi e delle ambientazioni che ne mantengono l’epicità. Gli elementi scenici sono particolarmente impressionanti: pedane mobili, scenografie trasformabili, videoproiezioni e luci drammatiche si uniscono per ricreare il ritmo dinamico della narrazione cinematografica.
La scena culminante sorprende il pubblico quando il ring invade il palco, con riprese in diretta proiettate su uno schermo, che coinvolgono gli spettatori in un’esperienza unica e immersiva.

Unica nota dolente è la mediocrità della voce dell’attore protagonista Pierpaolo Petrelli, che, nella prima parte fornisce una versione eccessiva dei pochi neuroni di Rocky, al limite della lobotomia, ma che migliora nella seconda parte, anche grazie ad una migliore visibilità della sua fisicità, che cattura inevitabilmente l’attenzione del pubblico soprattutto quello femminile.

Molto apprezzata anche la performance dell’antagonista Apollo Creed, Robert Ediogu, che, oltre ad un fisico scultoreo, sa far sfoggio anche delle sue doti di ballerino e cantante.
Grandiosa la perfomance di Giulia Ottonello, nella versione di Cenerentola – Adriana, perché oltre ad un’ ottima recitazione, quando canta fa venire giù il teatro.
Nel complesso è uno spettacolo piacevole, purchè – come si sovviene nelle trasposizioni – si sappiano evitare i paragoni con l’originale. Ed infatti il musical riesce a prendere quota soltanto nella seconda parte, perché il primo atto, più intimistico – e decisamente lento – è supportato da musiche inedite (comunque carine) ma che non erano quello che il pubblico voleva ascoltare. Appena sono risuonate a palla Gonna Fly Now e Going The Distance di Bill Conti, si sono immediatamente rivissute tutte le emozioni che si provano da quasi 50 anni.
E allora la scena si sposta dal palco alla platea: finalmente il pubblico si scalda e inizia a partecipare emotivamente e anche fisicamente, battendo le mani all’unisono e accompagnando ogni suo jab.
E alla fine, differentemente da Rocky che nel match viene sconfitto ai punti, il musical vince facile.
