
Il 19, 20 e 22 maggio è andato in scena al Teatro Nuovo Sancarluccio in replica il monologo teatrale “Mulignane” tratto da un racconto di Francesco Prisco, diretto da Antonio Capuano e magistralmente interpretato da Gea Martire.
La solitudine di una donna senza nome, trascurata dagli anni e senza stimoli che non riesce a trovare un sentimento positivo, di indipendenza nel suo celibato, ma piuttosto un profondo senso di inadeguatezza che la porta a una ricerca ossessiva di una relazione.
In realtà è una donna che avrebbe bisogno di un amore che la faccia sentire importante ed invece si accontenta del primo che capita, di un uomo brutale che la usa solo per il sesso e che non prova alcun sentimento per lei. Un uomo che le provoca dolore attraverso la pratica del sesso sadomaso (i lividi sul suo corpo sono il segno tangibile di tali violenze) in contrapposizione con l’unica persona che realmente la ama: la madre che invece le mulignane gliele prepara alla parmigiana con tanto amore anche se usa molto condimento. Da qui il doppio significato della mulignana nella lingua napoletana (ortaggio e livido). La protagonista dirà che la mulignana è l’apostrofo viola tra le parole t’accire riferendosi al suo partner.
Ma tanto meglio essere violentata, piuttosto che sentire la frustrazione di vuoto, di diversità acuita maggiormente dalle sue colleghe di lavoro che la considerano una bruttina stagionata, vale a dire una “cozza”a sottolineare anche la trascuratezza estetica della protagonista. Una società che impone relazioni sentimentali ed esalta le personalità brillanti (quelle che hanno grinta, sfacciataggine) facendo sentire la protagonista (donna alquanto timida e introversa) oggetto di tale imposizione e quindi diversa. Ella, soggiogata al potere di un bruto, si contenta di quella relazione anche quando scopre le particolari perversioni del suo partner. Quest’ultima riesce, a trovare un modo per reagire mettendo in moto la sua fantasia e creatività.
Dopo l’esperienza infatti, scopre nella sua nuova solitudine un motivo di sicurezza in se stessa e soprattutto a cambiare rotta. Riesce infatti a cambiare look e fare giochi di seduzione e corteggiamenti in maniera disinibita. La protagonista quindi riacquista quella libertà che la fa sentire parte integrante della società.
Gea Martire ha saputo cogliere i lati deboli della donna sola in chiave decisamente ironica. Mai volgare nonostante il lessico forte e qualche scenetta a sfondo erotico. Il tema è di quelli piuttosto scottanti, ma lo spettacolo è scorrevole e molto divertente con punte di alta comicità (come quando la protagonista si trova per caso in un sexy shop tra i vibratori di varie misure). L’uomo bruto in realtà si rivelerà per lei una grande occasione per riemergere. Come dice la protagonista: “Ogni pietra grezza aspetta una sola cosa nella vita per risplendere: e sai qual è? di essere lucidata” e pertanto lei ora vuole sentirsi un diamante.
Nuovo Teatro Sancarluccio
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