
Dall’11 al 28 febbraio è in scena al Nuovo Teatro Sancarluccio lo spettacolo di Massimo Andrei “Non farmi ridere, sono una donna tragica”, interpretato da Gea Martire e dallo stesso Andrei. Lo spettacolo ha debuttato ad agosto in prima nazionale al Positano Teatro Festival 2015.
“Non farmi ridere, sono una donna tragica” è uno studio sull’amore ‘inutile’ .
La scenografia passa subito in secondo piano per far spazio ai due protagonisti dello spettacolo. Al centro del palco la donna “tragica” (la bravissima attrice Gea Martire) in posa immobile in attesa di dar sfogo alla drammatizzazione estrema per la sua condizione di zitella alla continua ricerca di un amore che la renda felice.
La luce del proiettore è invece tutta concentrata sullo studioso Carlo Rimetti (Massimo Andrei, anche autore dello spettacolo nonché apprezzato scrittore) vestito in maniera bizzarra (sciarpa giallo-verde e papillon verde), che enuncia le sue filosofie sull’amore vero: “L’amore è quello senza scopo” dice, e per spiegare le sue teorie si serve della donna convenzionalmente chiamata Silvana, scelta come esemplare.
Nella settimana di San Valentino, al Teatro SanCarluccio, lo spettacolo di Massimo Andrei ci offre svariati punti di riflessione sul sentimento eterno dell’amore. Si tratta di un’analisi tragi-comica e anche platonica sull’amore vero che per essere tale non deve avere nessuno scopo, nessun fine e quindi nessun contratto. Il personaggio che personifica tali teorie è Carmine (interpretato anch’egli da Massimo Andrei), uomo sensibile e portatore di un sentimento autentico che preferisce l’amore per le sue piante, in particolare per il cactus, e che è appagato solo da quelle e dalle emozioni che ne suscitano: preferisce rimanere solo e non mettersi in gioco.
Silvana ha cambiato più uomini nel corso della sua vita, compreso lo stesso Carmine, e nelle continue scenette esilaranti dal profondo sapore ironico condite da battute e sketch divertentissimi ne presenta prima uno e poi un’altro in una successione deprimente: per lei sono uno peggio dell’altro.
Ma non sarà anche lei il problema? In realtà come si evincerà alla fine, Silvana non è veramente alla ricerca di sentimento puro e quindi di emozioni, ma di un uomo che lei idealizza e del quale si possa servire: ad esempio per riparare tutto a casa, o che la renda ricca, o che la appaghi sessualmente o più semplicemente di un uomo che le faccia compagnia. Insomma è la sua condizione di zitella a renderla triste, ma nello stesso tempo tende a ricercare quella tristezza come condizione necessaria della sua vita.
Una sofferenza dunque che lei ama e che la conquista. Ma le versioni drammatiche che darà di volta in volta sono da ridere a crepapelle e il pubblico partecipa con fragorose risate. Una miscellanea di suoni e colori tipici di una napoletanità autentica che affonda le sue radici in un linguaggio forse ormai in disuso ma che non tramonta mai: una recitazione magistrale che unisce tratti di Tina Pica e Luisa Conte.
Un’analisi sull’amore fatta con intelligenza dallo studioso Rimetti che è nello stesso tempo il giardiniere Carmine che è si portatore di verità, ma che risulta essere anche un uomo solo, troppo immerso nelle sue teorie e nelle sue letture. Infatti egli stesso dirà per rafforzare le sue idee: “A me bastano le emozioni, le emozioni che mi faccio capitare, tutto il resto non conta a niente. Teneteveli voi tutto il resto, i vostri rapporti consolidati, i vostri contratti scritti, io voglio stare tranquillo con le mie piante”
Ma Silvana gli farà notare che è facile innamorarsi delle piante: “L’amore non si legge, ma si fa”, gli risponde e questo corrisponde a una critica aperta nei confronti della sua riluttanza.
Riflessioni profonde che mai si perdono anche quando lo spettacolo passa alla pura comicità. A tale proposito sono da sottolineare in particolare la scena delle ripetute maledizioni che Silvana rivolge all’uomo che le aveva promesso di sposarla scoprendo poi che lo era già da tempo con un’altra e dalla quale aveva già diversi figli ed anche il monologo di Carmine sulla “carcioffola” e le varie specie come analogia dell’amore che nasce tra uomo e donna. Bellissime le scelte dei brani musicali: “Io ti darò di più” e “Tu sei quello”. Alla fine entrambi non cambiano lasciando nel pubblico una domanda aperta, cioè se l’amore è quella cosa per la quale, o senza la quale, si rimane tale e quale.