
Stamattina Venezia si è svegliata inondata da un mare di polemiche.
E questa volta non c’entra il fenomeno dell’acqua alta perché al centro dello scandalo che ha avvolto la città lagunare c’è il sindaco Giorgio Orsoni, finito ai domiciliari con l’accusa di finanziamenti illeciti per 110 mila euro relativi al sistema di appalti collegati al progetto del Mose (Modulo Sperimentale Elettromeccanico)
Ricordiamo che si tratta di un’opera da 5 miliardi di euro che prevedeva un’impiantistica di barriere che avrebbero dovuto preservare la città dalle inondazioni.
L’inchiesta, avviata dalla Procura di Venezia, già nel mese di febbraio aveva portato all’arresto di Giorgio Baita, ex amministratore delegato della Mantovani e con la sua impresa implicato nei lavori di gestione del progetto.
Quindi l’arresto di Baita non è stato che un tassello del più ben complesso puzzle che ha preso definitivamente forma con le odierne ordinanze che ad effetto domino hanno visto coinvolti oltre al primo cittadino di centrosinistra della città lagunare, anche numerosi esponenti politici.
Nelle ordinanze del gip sono finiti l’ex governatore veneto ed ex ministro Giancarlo Galan, deputato di Forza Italia, e l’eurodeputata uscente Lia Sartori, nelle indagini coinvolti anche il generale in pensione della Gdf Emilio Spaziante, gli ex presidenti del Magistrato alle Acque Patrizio Cuccioletta e Maria Giovanna Piva, per loro è stato disposto il sequestro di beni nella disponibilità degli indagati per 40 milioni.
Secondo le indagini condotte dai pm del pool della Dda di Venezia, Stefano Ancillotto, Stefano Buccini e Paola Tonini, colui che tesseva le fila di questo lucroso giro di affari era proprio l’ex capo del Consorzio Venezia Nuova Giancarlo Mazzacurati, il grande burattinaio, come è stato definito dal pm Paola Tonini, dopo i domiciliari del luglio scorso, ha raccontato tutto alla Procura.
Ora al di là del terremoto giudiziario e dell’ingente quantità di nomi coinvolti (si parla di 35 persone raggiunte dai provvedimenti cautelari, 25 in carcere, 10 ai domiciliari e un centinaio di indagati) quello che viene da pensare è che oggi in fondo non è accaduto nulla di anomalo per un paese come l’Italia in cui i provvedimenti arrivano sempre con un notevole ritardo, dopo che nel piatto non restano che poche briciole, consumate dai soliti e noti personaggi che si spartiscono la torta, senza badare al colore politico o al bene del paese ma solo al mero tornaconto personale.