La Thailandia è in mano ai militari. Nonostante governo e forze armate continuino a sottolineare che non si tratta di un colpo di stato, ormai l’esecutivo è inesistente. La popolazione al momento si divide tra le “camicie gialle”, filo monarchiche anti-governative e ben viste dall’esercito e le “camicie rosse” fedeli all’ex premier Thaksin Shinawatra e a sua sorella Yingluck che lo ha sostituito al momento del suo esilio ma che è stata anch’ella destituita a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale. Quest’ultima fazione ha minacciato la guerra civile se non si va alle elezioni ma viene affidato il potere ad un politico non eletto; di contro, le camicie gialle hanno chiesto di non fare elezioni e di nominare un “consiglio del popolo”.[divider]I manifestanti sono in strada, soprattutto a Bangkok e da novembre si registrano già 28 morti e oltre 800 feriti. Per sedare la situazione, dicono i militari, è stata decretata la legge marziale. Come ha spiegato in un suo discorso ufficiale il generale Prayuth Chan-Ocha la legge marziale è risultata la via necessaria per «sopprimere elementi dotati di armi da guerra» e «ripristinare l’ordine». I militari quindi presidiano la città creando posti di blocco e tenendo sotto controllo i bivacchi dei manifestanti; al momento la situazione si sta evolvendo senza scontri.
Oltre a ciò, l’esercito ha ordinato anche di censurare i media; addirittura già dieci canali televisivi ed emittenti radiofoniche sono stati oscurati e ad alcune di loro sono state sottratte le antenne di trasmissione. L’ordine in tale direzione dato da Prayuth Chan-Ocha è stato lapidario: «È fatto divieto a tutti i media di riportare o diffondere notizie o immagini dannose per l’interesse nazionale».[divider]Sulla questione si sono subito espressi sia gli Stati Uniti che il Giappone. Per la portavoce del dipartimento di Stato Usa, Jen Psaki, la legge marziale deve essere solo «un’azione temporanea mirata a prevenire violenze e non a minare le istituzioni democratiche (…) i principi democratici, tra cui il rispetto della libertà di espressione» e che da Washington c’è viva preoccupazione per il peggioramento della crisi politica in Thailandia; il Giappone auspica invece una pacifica soluzione «Sollecitiamo con forza le parti interessate a dare provadi moderazione e a non usare la violenza» ha detto il portavoce del governo, Yoshihide Suga.[divider]Se vuoi ascoltare l’articolo letto dalle nostre redattrici clicca qui