

“E’ una bozza, sono gradite idee, critiche e commenti” e ancora “gli spunti (…) saranno inviati ai parlamentari, ai circoli, agli addetti ai lavori per chiedere osservazioni, critiche, integrazioni. Dunque non è un documento chiuso, ma aperto al lavoro di chiunque. Anche vostro”.Queste le parole di Matteo Renzi per presentare la sua riforma del lavoro, quella che lo stesso neo segretario del Partito Democratico definisce Jobs Act.[divider]Il documento è diviso in tre parti. Alcuni punti toccati sono relativi alla miriade di contratti esistenti in entrata e alla riduzione di tutte queste forme contrattuali per arrivare ad un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti. Altra innovazione è l’assegno universale per chi perde il posto di lavoro – che allarga l’utenza a chi al momento non ne avrebbe diritto – con l’obbligo di seguire un corso di formazione professionale e di non rifiutare più di una proposta di lavoro.
Relativamente alle imprese invece la proposta democratica è quella di ridurre del 10% i costi dell’energia soprattutto per le piccole imprese ed una riduzione della stessa percentuale anche dell’IRAP. Spunti anche sulla fatturazione elettronica, gli investimenti sulla rete e gli obblighi di rendicontazione online. Per eliminare le corporazioni c’è anche la proposta di eliminare l’obbligo di iscrizione alla Camera di Commercio.[divider]Questi spunti di modifica all’attuale mondo del lavoro sono stati, come previsto, ben accettati da una particolare parte politica e sindacale e molto criticati dall’opposizione.
Nello specifico, i sostenitori di questo progetto sono stati i parlamentari di maggioranza – nonostante alcune pesanti recriminazioni in merito alla copertura economica – ed i sindacalisti della CISL.
Per il ministro del Lavoro Enrico Giovannini “la proposta di Renzi sulla natura dei contratti e le tutele ad essi collegati non è nuova, ma va dettagliata meglio” mentre il Ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato sottolinea che “bisogna risolvere un problema non banale, che è quello della copertura”. LA CISL , per bocca del segretario generale Raffaele Bonanni comunica che il sindacato è “tendenzialmente favorevole” soprattutto per quanto riguarda l’eliminazione dei contratti cosidetti civetta.
Anche da Bruxelles i commenti sono stati mediamente favorevoli. Il Commissario Europeo del Lavoro Lazlo Andor afferma infatti che “il nuovo programma sembra andare nella direzione auspicata dall’UE nell’ultimo periodo”.
I detrattori invece sono soprattutto politici. I primi ad esprimere forte disappunto sono i berlusconiani ed i parlamentari di Nuovo Centrodestra.
Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, addirittura addita questo Job Act come “tutta fuffa”. E rincara la dose bocciando in toto le proposte definendo il programma “un documento scritto da dilettanti alla sbaraglio”. Angelino Alfano e Renato Schifani dal canto loro, lo definiscono “la stessa zuppa di sempre”.
Dal mondo del lavoro le critiche vengono dalla CIGL e da Confindustria.
Il sindacato diretto da Susanna Camusso, dopo aver applaudito i tentativi di rinnovamento tuona contro la poca ambizione in merito alla patrimoniale, utile a recuperare soldi utili alla copertura finanziaria delle proposte presentate e alle modalità di favorire la ripresa.
Relativamente alle imprese invece la proposta democratica è quella di ridurre del 10% i costi dell’energia soprattutto per le piccole imprese ed una riduzione della stessa percentuale anche dell’IRAP. Spunti anche sulla fatturazione elettronica, gli investimenti sulla rete e gli obblighi di rendicontazione online. Per eliminare le corporazioni c’è anche la proposta di eliminare l’obbligo di iscrizione alla Camera di Commercio.[divider]Questi spunti di modifica all’attuale mondo del lavoro sono stati, come previsto, ben accettati da una particolare parte politica e sindacale e molto criticati dall’opposizione.
Nello specifico, i sostenitori di questo progetto sono stati i parlamentari di maggioranza – nonostante alcune pesanti recriminazioni in merito alla copertura economica – ed i sindacalisti della CISL.
Per il ministro del Lavoro Enrico Giovannini “la proposta di Renzi sulla natura dei contratti e le tutele ad essi collegati non è nuova, ma va dettagliata meglio” mentre il Ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato sottolinea che “bisogna risolvere un problema non banale, che è quello della copertura”. LA CISL , per bocca del segretario generale Raffaele Bonanni comunica che il sindacato è “tendenzialmente favorevole” soprattutto per quanto riguarda l’eliminazione dei contratti cosidetti civetta.
Anche da Bruxelles i commenti sono stati mediamente favorevoli. Il Commissario Europeo del Lavoro Lazlo Andor afferma infatti che “il nuovo programma sembra andare nella direzione auspicata dall’UE nell’ultimo periodo”.
I detrattori invece sono soprattutto politici. I primi ad esprimere forte disappunto sono i berlusconiani ed i parlamentari di Nuovo Centrodestra.
Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, addirittura addita questo Job Act come “tutta fuffa”. E rincara la dose bocciando in toto le proposte definendo il programma “un documento scritto da dilettanti alla sbaraglio”. Angelino Alfano e Renato Schifani dal canto loro, lo definiscono “la stessa zuppa di sempre”.
Dal mondo del lavoro le critiche vengono dalla CIGL e da Confindustria.
Il sindacato diretto da Susanna Camusso, dopo aver applaudito i tentativi di rinnovamento tuona contro la poca ambizione in merito alla patrimoniale, utile a recuperare soldi utili alla copertura finanziaria delle proposte presentate e alle modalità di favorire la ripresa.
Emanuela Nicoloro