Benchè fosse solo una ragazzina, Yoshie era addetta alla comunicazione in un centro di comando sotterraneo dell’esercito imperiale giapponese ed era proprio lì quel infausto giorno, 6 Agosto 1946, quando la bomba atomica, “little boy”, fu sganciata sulla città.
Yoshie Oka aveva intercettato una comunicazione inerente un raid aereo e aveva prontamente inviato un messaggio alle autorità quella stessa mattina, ma non ricevette alcuna risposta, solo alle ore 08:13 ottenne l’autorizzazione per mandare l’allarme, ma proprio nel momento in cui si accingeva ad inserire il codice di sicurezza, un lampo di luce attraversò le finestre del bunker e nonostante le pareti spesse, Yoshie fu sbalzata a terra. Era ormai troppo tardi. La città di Hiroshima venne travolta dall’esplosione e dalle radiazioni che distrusse l’ambiente, le case e in un istante 80mila persone.
La giovane interprete, ormai anziana, racconta in un’intervista che subito dopo l’esplosione vide un soldato a terra che soffriva per le gravi ustioni. Ella corse verso di lui il quale gridò “ siamo stati colpiti da un nuovo tipo di bomba!”. Subito dopo cercò il primo telefono funzionante per contattare la stazione più vicina, Fukuyama, distante cento chilometri da Hiroshima, comunicando che la città era stata completamente distrutta, ma la persona all’altra estremità non capiva, fu allora che Yoshie Oka ricordò le parole del soldato.
Da quel giorno la vita di Yoshie Oka e di molti altri sopravvissuti, cambiò completamente e decise in quanto tale, di viaggiare in tutto il mondo per raccontare la sua storia, che fa parte di uno dei capitoli più bui della seconda guerra mondiale, un capitolo che è difficile da accettare e che suscita sgomento a distanza di settantanni.