Torino a primavera si riveste di colori, libri e frange. Ed è il caso di seguire il “Torino Fringe Festival”: una sorta di banco teatrale che si aprirà il 7 maggio e che offre 10 giorni di teatro irriverente, onesto, schietto, stimolante. “Fringe”, in italiano frangia, va a sviscerare ogni elemento marginale, ghettizzato e ripudiato della società. Esso si riferisce a tutto quanto di periferico possa esserci nel mondo, riportandolo in vita. Questo tipo di spettacolo non ammette rifiuti: per la prima volta è lui che viene a trovare i suoi spettatori, senza quell’antipatico lasciapassare che è l’ormai caro biglietto. Il “Torino Fringe Festival” nasce nel 2013. Come? Dal desiderio di esportare un modello teatrale, quello europeo on the road, e trapiantarlo nel contesto cittadino. Nelle piazze, nelle strade ed ovunque ci sia gente disposta ad ascoltare, ridere, emozionarsi. Chiunque può prendere parte all’evento, e l’iscrizione è gratuita. Accoglie ogni forma e tipo di teatralità, senza esclusione alcuna. L’aspetto perciò preponderante della manifestazione è proprio quello di saper cogliere l’esclusività della differenza delle varie compagnie e metterla in scena. Fringe Festival vuole tenersi stretti gli spettatori affezionati e conquistare l’attenzione di nuovi. A capo dell’organizzazione, anche per quest’anno, ci sono varie compagnie di attori professionisti (per la maggior parte torinesi), ovvero: Le Sillabe, CRAB, Kataplixi Teatro, O.P.S. – Officina Per la Scena, La ballata dei Lenna, I Fools, La TurcaCane, Onda Larsen, Cerchio di Gesso, Compagnia GenoveseBeltramo. E’ già partita la campagna di sensibilizzazione teatrale attraverso frizzanti e provocatori video titolati “Invasioni teatrali”, diffusi su tutti i principali social network. Tra le “social addictions” una in particolare riassume il senso (uno dei tanti in realtà!) della manifestazione: fringe come “lenitivo ad azione prolungata contro i crucci di ogni giorno”. L’approccio delle compagnie del Fringe è perciò essenziale: legato alla scoperta, al bisogno di una catarsi e conoscenza e, perché no, esigenza espressiva di trasgredire dalla noia del quotidiano, dalle sue cadenze regolari, dal ticchettìo fastidioso delle regole. Tutto condito da una buona dose di ironia.
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