Stefano Cucchi morì in seguito a gravissime lesioni riportate nella notte del suo arresto e non di epilessia di cui soffriva né per l’uso di droghe. Questa la sentenza con cui, il 17 Gennaio 2017, si è arrivati finalmente ad un epilogo dell’inchiesta-bis sul caso Cucchi, affidato al sostituto Procuratore Giovanni Musarò.
La morte di Cucchi, che fino a poco tempo fa non aveva avuto responsabili, ora trova nell’inchiesta-bis, voluta fortemente dai familiari, la premessa per un nuovo processo per omicidio preterintenzionale per mani dei tre carabinieri, Di Bernardo, D’alessandro e Tedesco che la sera del 22 Ottobre 2009, arrestarono Stefano Cucchi. Gli stessi lo pestarono, procurandogli delle lesioni alla regione sacrale e inducendo “la dilatazione di una vescica neurogenica atonica “ la quale non fu curata dai sanitari nell’ospedale Pertini dove fu ricoverato successivamente all’aggravarsi delle sue condizioni fisiche già precarie e dove infine morì.
La battaglia per avere giustizia per la morte, non naturale, di Stefano Cucchi è stata portata avanti dalla sorella, Ilaria Cucchi che mostra da anni il volto del fratello in obitorio, le sue condizioni che anche ad un occhio lontano dai libri di anatomia, fa senza dubbio pensare ad un grave incidente, un pestaggio, e quindi le “prove non sussistenti” non convincono né l’opinione pubblica né il Pm Musarò e il procuratore capo Pignatone.
Il caso Cucchi prende una nuova svolta e si spera che questa sia la giusta per aggiungere la parola fine e soprattutto una reale giustizia affinchè chi fu responsabile della sua morte, sia dichiarato colpevole e sconti la pena che la legge prescrive. Ed infine chi è preposto alla protezione dell’ordine e la giustizia, non si nasconda dietro la stessa; chi è preposto alla cura e all’assistenza non venga meno ai suoi doveri e soprattutto i cittadini abbiano di nuovo fiducia nella giustizia che spesso come in questo caso è lenta ad arrivare o peggio ancora ad avviarsi nella giusta direzione.